Intellettuali in gilet giallo

La scrittrice Annie Ernaux, intervistata da Repubblica, ha dichiarato di sostenere la protesta dei Gilet Gialli. Parlando dei suoi colleghi intellettuali ha invece detto: “Sin dall’inizio c’è stata una diffidenza tra scrittori e artisti. E’ la fotografia dell’abisso che li separa da un certo tipo di popolazione”.

L’abisso c’è, è innegabile. Però c’è un però.

A nostro modestissimo avviso, il ruolo dell’intellettuale dovrebbe essere quello di guardare altrove. Di battere sentieri inesplorati. Di essere libero. E forse un tempo era davvero così.

Poi sono arrivati gli intellettuali embedded, che invece di aprire nuove piste, si sono messi a sostenere* qualcosa che già c’era (un’ideologia nel migliore dei casi, un partito nel peggiore). Avanziamo qui la timida ipotesi che l’abisso giustamente citato dalla Ernaux possa aver iniziato a spalancarsi proprio per questo motivo.

A quanto pare siamo entrati ora in una terza fase, nella quali gli intellettuali inseguono. Ripercorrono sentieri già battuti da altri. Rincorrono.

A cosa servono degli intellettuali così?

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* In certi casi l’espressione “a sostenere” andrebbe forse sostituita con “al servizio di”.

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Compagni Gilets Jaunes

Jean-Luc Mélenchon, leader della sinistra radicale francese, afferma che “i 3/4 delle rivendicazioni dei gilet gialli sono nel nostro programma!”. E si chiede come mai il movimento sia considerato di estrema destra.

La stessa questione è sollevata in un articolo comparso sul sito di Potere al Popolo, partito della sinistra radicale italiana. La stampa mainstream dice che i Gilets Jaunes sono di estrema destra, invece sono dei nostri!

Insomma, i Gilet Jaunes, anche se non lo sanno, sono dei compagni.

 

 

 

 

Andate e moltiplicatevi

Recentemente ho sentito diverse persone (tra cui l’economista e presidente dell’INPS Tito Boeri e il tutto-e-nientologo Beppe Severgnini) dire che* i migranti ci servono, perché qualcuno dovrà pure pagarle le pensioni ai vecchi Italiani, no?

Il problema è noto. Questi maledetti vecchi non ne vogliono proprio sapere di morire, e campano sempre più a lungo. I giovani, poi, sono troppo impegnati a sopravvivere per pensare di fare figli. Risultato: ci sono troppi pochi giovani che pagano le tasse, e quindi mancano i soldi per pagare le pensioni agli stramaledetti vecchi.

Da cui il bisogno dei migranti.

Bene.

Ora, mettiamo da parte per un attimo l’orrendo cinismo di questo pensiero, e chiediamoci la seguente cosa: perché nessuno, che io sappia, propone invece la soluzione che sul lungo termine sarebbe la più ovvia e naturale? Una soluzione lapalissiana.

Fare più figli.

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* Ho rifrasato il loro pensiero con parole mie