Intellettuali in gilet giallo

La scrittrice Annie Ernaux, intervistata da Repubblica, ha dichiarato di sostenere la protesta dei Gilet Gialli. Parlando dei suoi colleghi intellettuali ha invece detto: “Sin dall’inizio c’è stata una diffidenza tra scrittori e artisti. E’ la fotografia dell’abisso che li separa da un certo tipo di popolazione”.

L’abisso c’è, è innegabile. Però c’è un però.

A nostro modestissimo avviso, il ruolo dell’intellettuale dovrebbe essere quello di guardare altrove. Di battere sentieri inesplorati. Di essere libero. E forse un tempo era davvero così.

Poi sono arrivati gli intellettuali embedded, che invece di aprire nuove piste, si sono messi a sostenere* qualcosa che già c’era (un’ideologia nel migliore dei casi, un partito nel peggiore). Avanziamo qui la timida ipotesi che l’abisso giustamente citato dalla Ernaux possa aver iniziato a spalancarsi proprio per questo motivo.

A quanto pare siamo entrati ora in una terza fase, nella quali gli intellettuali inseguono. Ripercorrono sentieri già battuti da altri. Rincorrono.

A cosa servono degli intellettuali così?

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* In certi casi l’espressione “a sostenere” andrebbe forse sostituita con “al servizio di”.

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